Perfetti Sconosciuti al De Filippo di Agropoli: il tutto esaurito dei nostri segreti più reconditi

Metti una sera a teatro, una cena tra amici e il telefonino al centro della scena. La settima arte, il
cinema, lascia il posto al teatro e ci sentiamo tutti “Perfetti Sconosciuti”. Paolo Genovese firma la sua
prima regia teatrale, adattando il successo cinematografico all’atmosfera sacra del teatro e il risultato è
tutt’altro che scontato. Si capisce osservando il pubblico del De Filippo di Agropoli che, domenica 15
dicembre, ha molto apprezzato questo terzo spettacolo della decima stagione, diretta da Pierluigi Iorio,
facendo registrare il tutto esaurito.

Al di là dei numeri dai record, però, in sala l’atmosfera è diversa perché, questa volta, gli spettatori
conoscono a memoria le battute, ma mostrano ugualmente sorpresa, stupore e piacere nella visione.

Nel passaggio dal cinema al teatro, un ruolo fondamentale svolge la scenografia di Luigi Ferrigno, che
sfrutta tutti gli spazi a sua disposizione per dare movimento alla storia. Grazie al gioco di luci di Fabrizio
Lucci, si mettono in evidenza i momenti intimi e cruciali dei personaggi, sfruttando le ombre dei loro
più reconditi segreti.

Le battute rimangono quasi immutate, rispettando, però, i giusti tempi comici che il teatro impone.
Grazie a questa costruzione perfetta tra comicità e dramma, la storia risulta ancora più autentica di
quella cinematografica.

A rendere il pubblico partecipe e coinvolto, ci pensa un cast eccezionale, che non teme il confronto con
gli attori del film. Paolo Calabresi, nei panni di Rocco, dà un tocco di ironia e umanità al personaggio.
Valeria Solarino mantiene i tratti freddi e distaccati di Eva, connotandola anche di un pizzico di “antipatia” in più. Dino Abbrescia e Lorenza Indovina, oscillando tra comicità e dramma, mettono in scena
il gioco deleterio di una perfetta finzione, instaurata nella coppia Lele e Carlotta. Marco Bonini è
completamente calato nei panni di Cosimo, eterno ragazzo, vittima di una natura che non mostra a
nessuno, nemmeno a sua moglie Bianca, interpretata da Alice Bertini, che ne incarna appieno
l’ingenuità. E infine c’è Massimo De Lorenzo che, nei panni di Peppe, “frocio” non dichiarato,
padroneggia la scena tra battute pungenti e atteggiamenti di consapevole assuefazione al mondo falso
che lo circonda.


Il protagonista assoluto rimane il telefonino, quello che a teatro non dovrebbe squillare mai. In effetti
sembra quasi strano sentirne il suono provenire dal palco, come se stesse rovinando quell’intimità che si
crea solo negli spettacoli dal vivo.
Il successo della trasposizione teatrale di Perfetti Sconosciuti risiede proprio nell’aver saputo sfondare
questa parete sacra, mettendo in scena la fragilità dei segreti che abitano i nostri telefonini e l’incapacità
di riuscire a distaccarcene. Ciò che capita al cinema, può ripetersi anche a teatro, ma la reazione è più
profonda perché nessuno schermo può proteggerci da noi stessi. Siamo lì, tra palco e realtà, a cercare
di non sentirci continuamente “perfetti sconosciuti”.